La guerra dell’Unione Europea ai migranti


L’estate 2015 passerà alla storia come la stagione in cui l’Europa delle banche e dei diritti negati ha lanciato una dispendiosa (e disperata) offensiva militare per impedire il flusso di migranti dall’Africa o dal Medio oriente verso le coste dell’Italia e della Grecia. Unità navali, aerei da guerra, elicotteri, velivoli senza pilota pattugliano giorno e notte le acque del Mediterraneo: l’obiettivo a medio termine è quello di proiettare ancora più a sud le frontiere dell’Unione europea, occupando militarmente le città costiere di Libia, Tunisia ed Algeria e trasferendo in Africa centri d’identificazione e “prima accoglienza” e strutture detentive per migranti, rifugiati e richiedenti asilo.

Dal 27 luglio è pienamente operativa la missione navale EuNavFor Med “contro le reti di trafficanti e scafisti in nord Africa”. Il comando ha sede presso l’Operational Headquarter Ue di Centocelle-Roma, mentre alle operazioni contribuiscono fattivamente con uomini e mezzi 14 paesi europei, anche se oggi la forza navale ha in dotazione solo 4 unità navali (la portaerei italiana “Cavour”, la fregata tedesca “Schleswig-Holstein”, la rifornitrice tedesca “Werra” e la nave ausiliaria britannica “Enterprise”) e 5 tra elicotteri ed aerei (due italiani, uno francese, uno inglese e un pattugliatore marittimo lussemburghese Seagull Merlin III schierato nella base siciliana di Sigonella). Il contributo italiano include pure un sommergibile e due velivoli a pilotaggio remoto “Predator” per un totale di circa 800 uomini.

Bruxelles ha stabilito che la nuova forza navale dovrà procedere con l’identificazione e il monitoraggio dei network dei trafficanti attraverso la raccolta delle informazioni e la sorveglianza delle acque internazionali. In verità, l’Unione europea si prepara a gestire in prima persona vere e proprie operazioni belliche nel Mediterraneo centrale e in nord Africa. Alle unità di EuNavFor Med sarà assegnato infatti a medio termine il compito di intercettare e abbordare le imbarcazioni di migranti e richiedenti asilo già in acque libiche e, finanche, di bombardarle in rada. Lo scorso 19 giugno, l’Unione europea ha approvato un piano che struttura l’intervento militare in tre fasi. La prima riguarda la raccolta di dati d’intelligence sui traffici e il pattugliamento in mare aperto, a cui seguirà una seconda fase con l’intervento diretto dei reparti militari d’élite Ue a bordo delle imbarcazioni che trasportano migranti “per disabilitarle e arrestare i trafficanti”. La terza fase prevede che queste operazioni vengano estese in acque territoriali libiche e “possibilmente all’interno del paese stesso”. Le operazioni saranno coordinate direttamente con la NATO e con le forze armate statunitensi di stanza in Europa. Il Segretario generale dell’Alleanza Atlantica, gen. Jens Stoltenberg, ha fatto sapere che la Nato è pronta a intervenire nelle operazioni di guerra contro gli scafisti nordafricani, con la giustificazione che “sui barconi dei migranti potrebbero imbarcarsi anche terroristi o miliziani ISIS”. In realtà è perlomeno dal 2010 che il comando alleato di stanza in Campania (Aftsouth Napoli) condivide alcune delle informazioni raccolte dalle imbarcazioni e dai velivoli Nato con l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere Frontex e con l’Ufficio di polizia europeo Europol. Ed è perlomeno dal 2005-2006 che la Nato fornisce assistenza alle diverse agenzie nazionali anti-migranti dei Paesi partner del Mediterraneo. Proprio in vista di una più stretta cooperazione Ue-Usa-Nato nel contrasto delle migrazioni, il 28 e 20 luglio scorso il comandante in capo di EuNavFor Med, l’ammiraglio italiano Enrico Credendino, si è recato in visita a Washington per incontrare i responsabili del Dipartimento di Stato e della Difesa e della US Coast Guard.

A seguito della decisione del governo Renzi di porre termine alla controversa operazione militare Mare Nostrum, troppo dispendiosa e comunque incapace a contenere il flusso d’imbarcazioni di migranti e richiedenti asilo verso il sud Italia, il 1° novembre 2014 Frontex ha dato vita all’Operazione Triton, prioritariamente con finalità di sorveglianza marittima e, solo sussidiariamente, di “salvataggio”. Inizialmente Frontex aveva destinato alle attività di pattugliamento 2,83 milioni al mese, 65 “agenti” e 12 mezzi militari, limitando l’area operativa alle acque territoriali italiane e solo parzialmente alle zone SAR (search and rescue) di Italia e Malta, per un raggio di appena 30 miglia nautiche. In primavera però la Commissione europea ha deciso di prorogare sino alla fine del 2015 il programma Triton, stanziando una dotazione aggiuntiva di 18 milioni di euro ed estendendo a 138 miglia nautiche a sud della Sicilia il raggio d’azione militare anti-migranti. Attualmente il dispositivo militare di Frontex nel Mediterraneo centrale conta su tre aerei, sei navi d’altura, dodici pattugliatori e due elicotteri. Bruxelles tuttavia intende finanziare le operazioni aeronavali dell’agenzia anche per il prossimo anno. Sarebbero pronti infatti altri 45 milioni circa da destinare a Triton 2016 e alla missione antimigranti Poseidon avviata da tempo nell’Egeo e in territorio greco.

 
Articolo pubblicato in Unponteper.it, n. 2, ottobre 2015.

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