Quanti Padrini per quel Ponte

Intervista della giornalista Natalia Bandiera ad Antonio Mazzeo, autore del volume "I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina", Edizioni Alegre, Roma

Il Ponte sullo Stretto sarà realtà! Ci sentivamo felici per essere tornati al lavoro. Avevamo, grazie al Ponte, acquistato libertà e sicurezza e anche se il pensiero unico era di un sol foglio, ma provavamo l’ebbrezza di vedere il Ponte. Eravamo veramente felici… Poi, ecco quel rompi­scatole di Antonio Mazzeo che agita lo spettro di Alì Babà e i suoi predoni: urca che gran daffare! Una imposizione mafiosa, un disastro ecologico, un nuovo pozzo da cui attingere ricchezze,che andranno ad alimentare le casse dei clan e dei potenti, che hanno lavorato strate­gi­camente negli anni, per far si che il Ponte dello Stretto venga realizzato. Ritmi e condizioni di vita che modifi­cheranno le nostre esistenze. Si prean­nuncia come una vera e propria bomba il nuovo libro di Antonio, militante ecopa­cifista e antimi­li­tarista. ‘I padrini del ponte’, il titolo dell’ultima fatica di Mazzeo, che ha già pubblicato diversi scritti sulla pace e sulla milita­riz­zazione del territorio. I suoi appro­fon­dimenti vanno dalla presenza mafiosa in Sicilia per arrivare alle lotte inter­na­zionali a difesa dell’ambiente e dei diritti umani.

Antonio Mazzeo, perchè i messinesi dovrebbero leggere il suo libro, I Padrini del Ponte?
Perchè comprare il libro? Per diverse ragioni. La prima perchè delle trame criminali e del potere crimi­nogeno del Ponte si è parlato troppo poco e con troppa super­fi­cialità. La seconda perchè quando si è affrontato l’argomento, si è affrontato in maniera riduttiva. Si è detto ripetu­tamente che le cosche si sono preparate adegua­tamente per spartirsi subappalti, guardianie, compra­vendita di materiali e tanto altro. Il ponte sullo Stretto rappresenta uno degli esempi più eclatanti a livello mondiale di grandi opere detur­patrici. Attorno, ruotano interessi trans­na­zionali gestiti dai cosiddetti ‘padrini’ di cui parlo nel mio libro. Una vera e propria borghesia mafiosa che rappresenta il volto moderno del capitalismo, specia­lizzato nella gestione dei grandi flussi finanziari e nei contatti con le grandi organiz­zazioni norda­me­ricane, che controllano i maggiori traffici inter­na­zionali di stupe­facenti e armi. Le stesse che gestiscono il mercato delle grandi opere, che possono contare sull’appoggio di alleati medio­rientali. Si tratta di personaggi rappre­sen­tativi, al comando di governi autoritari, respon­sabili di inaudite violazioni dei diritti umani. Non è un caso che grandi opere, traffici di armi, distruzione dell’ambiente e grandi conflitti che insan­guinano il pianeta, abbiano sempre gli stessi gruppi finanziari come prota­gonisti. Per quanto riguarda il Ponte di Messina, esistono anche vassalli e feudatari dislocati sul luogo, che si accon­ten­teranno delle “briciole”. E’ giusto che i messinesi sappiano cosa c’è dietro un’opera così maestosa, che è stata descritta dai media, in maniera strategica, come una posibilità di sviluppo economico in una zona del paese fortemente disagita. I messinesi e non solo loro, invece, devono sapere perchè i poteri forti, più o meno occulti, hanno bloccato qualsi­voglia forma di sviluppo sociale reale. La magistratura ha provato, in diversi momenti, a far luce e a ricostruire le trame che stanno dietro alla realiz­zazione del Ponte sullo Stretto. Esistono inchieste giudi­ziarie, che avrebbero potuto sfiorare il cosiddetto terzo livello. Basta pensare ad Arzente Isola nel 1992 sui grandi traffici di armi al blitz “Gioco d’azzardo” di un paio d’anni fa. Il polverone è stato sollevato, ma poi tutto è finito sotto chiave. I giochi sono proseguiti.

Che cosa le piace della sua vita, del suo lavoro: lei si sente uno scrittore?
Ho scritto alcuni testi sui processi di milita­riz­zazione in Sicilia e nel fianco sud della Nato, un volume sul conflitto in Colombia, un altro sulla violazione dei diritti umani, una biografia non autorizzata sull’allora ministro della difesa Salvo Andò e più recen­temente, il “Il Mostro sullo Stretto. Sette ottimi motivi per non costruire il Ponte’, insieme ad Antonello Mangano. Ma non mi sento uno scrittore, nonostante mi diletti dal 1982. Mi mantengo facendo l’insegnante e scrivo per dar voce al mio sdegno, che deriva da accurati studi giuridici, dei quali sento il bisogno di mettere al corrente l’opinione pubblica. Ho colla­borato anche per due lavori dirompenti, di cui ho coordinato la produzine: ‘Graziella Campagna a 17 anni vittima di mafia’ e ‘Le mani sull’università’. Due volumi che andarono a ruba, ma stavolta, con il librosul ponte di Messina, spero che si passi dalla lettura di curiosità e pette­golezzo, a quella di denuncia e raffor­zamento della mobili­tazione contro l’ecomostro dello Stretto.

Si aspetta una reazione dei cittadini dopo la lettura del libro?
Penso che chi leggerà I Padrini del Ponte non potrà fare a meno di rimanere contagiato dalla rabbia che nutro contro il Ponte, un atto di autentica prepotenza. Sono convinto che nonostante la campagna mediatica Pro-Ponte, i messinesi non si siano lasciati convincere. Negli anni, hanno dimostrato capacità di reazione e hanno preso posizione con vere e proprie manife­stazioni No-Ponte. Per quanto riguarda l’altra parte dei messinesi, quella che si è lasciata ingannare ingenuamente, sono convinto che là dove regna il sotto­sviluppo, l’assenza di concrete opzioni lavorative, il degrado socio-culturale, è facile conquistare consensi.

L'intervista è stata pubblicata da IMGPress il 3 aprile 2010

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